L’AUTOREGOLAMENTAZIONE
Per colmare dei vuoti legislativi le imprese, ad esempio in ambito bancario, hanno dovuto ricorrere all’autoregolamentazione. L’autoregolazione (o autoregolamentazione) è una forma disciplinare del mercato finanziario (e non solo) che riconosce spazi d’intervento nella formazione delle regole a coloro che agiscono nei mercati stessi.
A fondamento di tale processo vi è, dunque, la volontà di creare un nuovo
paradigma dispositivo che dia centralità alle forme di organizzazione ed alle modalità operative degli intermediari. L’autodisciplina ha assunto, con il corso degli anni, un ruolo cruciale, concretizzandosi in un articolato corpus normativo che, muovendosi parallelamente alle leggi ordinarie, le sviluppa, le amplia e le integra.
In questa nuova ottica ai provvedimenti normativi di origine statale (leggi ordinarie, decreti legislativi, decreti legge) si affiancano quelli dettati dalle autorità di settore (Banca d’Italia, Consob,Isvap), contenuti nei codici di autodisciplina (elaborati dalle associazioni di categoria ed, infine, adottati da organismi internazionali).
SOFT LAW E L’EFFETTO SULL’ORDINAMENTO EUROPEO
Si affianca al termine di autoregolamentazione quello di “soft law”.
Per “soft law”si intende nel linguaggio giuridico un insieme di norme prive di efficacia vincolante diretta. La soft law si contrappone, quindi, ai tradizionali strumenti di normazione (leggi, regolamenti ecc. la cosiddetta hard law), emanati secondo determinate procedure da soggetti che ne hanno l’autorità (parlamenti, governi ecc.), i quali producono norme dotate
di efficacia vincolante nei confronti dei destinatari. Gli accordi di questo genere non creano obblighi giuridici tra le parti contraenti ma, solo impegni politici il cui rispetto è rimesso alla volontà delle parti.
Tuttavia, anche gli atti normativi veri e propri possono produrre norme di soft law qualora scelgano di imporre al destinatario obblighi non vincolanti sul piano giuridico (soft obligation).
In mancanza di un’efficacia vincolante diretta, la garanzia dell’osservanza delle norme di soft law riposa sul fatto che chi le ha emanate coincide con il loro destinatari (autoregolamentazione) oppure sull’autorevolezza del soggetto che le ha emanate e, quindi, sulla forza persuasiva di
quest’ultimo. Tali norme non danno luogo a situazioni giuridiche soggettive direttamente tutelabili in sede giurisdizionale; ciò non toglie che il giudice ne possa tenere indirettamente conto.
In altri casi, le norme emanate possono definirsi di soft law in quanto si limitano a fissare principi di carattere generale lasciando ai destinatari margini più o meno ampi di autonomia nella scelta dei modi con cui dare attuazione alle norme stesse.
Un esempio è quello delle direttive e delle linee guida adottate dall’Unione europea che, nello stabilire norme di base (la “cornice giuridica”) vincolanti per tutti gli Stati membri, rimettono comunque all’autonoma determinazione di questi ultimi la scelta della forma puntuale in cui recepirle negli ordinamenti nazionali. Tale scelta può essere considerata
un’applicazione del principio di proporzionalità del diritto comunitario, come definito dall’art. 5, par. 4, co. 1 del Trattato sull’Unione Europea, il quale afferma: “Il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati”.
L’adesione alla logica del mercato impone che la normativa in
campo bancario e finanziario sia composta da regole rigide, che ripetono il tradizionale schema delle fonti (cd. hard law) e da regole più flessibili, che recepiscano le istanze degli operatori (cd. soft law).
A seguito della deregulation, gli spazi di libertà hanno consentito
agli intermediari di adottare spontaneamente comportamenti conformi alle indicazioni delle autorità di settore o di altri soggetti, sulla base di mere considerazioni di opportunità.
Consegue uno specifico rilievo della soft law nell’ambito del mercato dei capitali, nonostante la recente crisi finanziaria abbia dimostrato che tali regole non siano adatte a fronteggiare gli effetti negativi delle turbolenze.
Un altro strumento normativo utilizzato nel diritto internazionale che si può fare rientrate nel concetto di soft law è la raccomandazione, atto emanato da un’organizzazione internazionale che indica al destinatario un comportamento da tenere per conseguire determinati risultati ritenuti desiderabili ma, le cui prescrizioni non danno luogo a sanzione in caso d’inosservanza. Un esempio sono le raccomandazioni emanate dall’Unione europea.
Riferimenti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Soft_law
“Diritto dell’unione e delle comunità europee”, Fausto Pocar, Giuffré editore, 2003
“Il diritto materiale della Comunità Europea”, Luigi Daniele, Giuffré editore, 2000